giovedì 27 gennaio 2011

Il calcio per una ragazza particolare

Sono una ragazza per così dire "atipica". So cos'è un fuorigioco e non ho bisogno della saliera e dell'olio per capirlo. So che La Bombonera è uno stadio. No, ragazze non ho detto la bomboniera dei confetti per il matrimonio, ma la casa del Boca. "Boca boca juniors" , ho ancora in testa questo coro dopo la vittoria in Coppa Intercontinentale contro il Milan e ricordo quanto quel giorno tifassi per Abbondanzieri.
So i colori delle maglia del Flamengo e che quella del San Paolo è rossonera.
Conosco nomi e cognomi dei giocatori della serie A,albo d'oro, ruolo, specialità e le squadre in cui hanno militato.
Seguo la Liga, la Bundesliga, la Premier. Ho una squadra preferita anche in Scozia e no, non sono i Rangers.
Sono una ragazza e non mi interessa vedere i calciatori cambiarsi nello spogliatoio. Li preferisco quando fanno un tacco a smarcare, un cross pennellato prefettamente, quando il mio capitano fa un pazzesco recupero su un ragazzino classe 88 e insegna a tutti che l'età è solo un numero sulla carta d'identità ed è il fiato, quello sì, che conta. Vedere Raúl, continuare a fare la differenza in qualsiasi campionato si trovi, il miglior marcatore in Europa, e con l'entusiasmo di un allievo baciare ancora l'anello, come se fosse il suo primo gol. L'angel blanco. Mi piace vedere un calcio di punizione perfetto, alla Di Natale o alla Sneijder, per intenderci.
Non mi importa il bel faccino di un giocatore o la sua massa muscolare, non mi importano le copertine o i calendari.
Non vado tutti i giorni ad Appiano, non ho trecento autografi e non perseguito i giocatori. Ma mi piace lo stadio, quello che per me è "La scala" del calcio, il tetto del mondo. Passione, colore, emozione per novanta minuti. Ed è a San Siro, che ho visto per la prima volta il mio ragazzo (Inter-Manchester United).
Compro la Gazzetta dello Sport e la leggo, non la prendo per un poster o per vedere le figure. E gli uomini se ne stupiscono. Per poi mettersi a disquisire con me su Bearzot e vengono così fuori particolari di episodi a me sconosciuti, vista anche la mia età.
Scrivo su un forum di calcio e amo film come "Hooligans, Sognando Beckham e Goal".
Quando guardo una partita sono la ragazza più sgraziata che ci sia e il mio essere femminile scappa da quanto si vergogna di me. Mi dimentico che non si dicono parolacce, che non si augura il male a nessuno, che non si urla.
Mio babbo mi dice sempre che nemmeno se avesse fatto un figlio maschio, sarebbe venuto tifoso quanto me.
E mi sento orgogliosa di soddisfare le sue domande quando mi chiede cose che non sa su un giocatore.
Disprezzo le varie soubrettine che si ergono a paladine di una squadra, solo quando è sulla cresta dell'onda e per il loro unico scopo di farsi pubblicità. Proclamano strip tease di basso livello, come se non dovessimo già vedercele mezze svestite ogni giorno alla tv..
Per me tifare una squadra di calcio è come amare il proprio fidanzato, lo ami a prescindere, nel bene e nel male. Anche se a volte ti fa arrabbiare.
Io c'ero quel 5 maggio 2002. C'ero e piangevo, mentre nella mia città tutti festeggiavano la promozione nella serie B. Ero presente allora e lo sono ora.
Mi sento orgogliosa dei miei colori, della mia società e del mio Triplete.



Una ragazza che crede nelle zolle del Meazza, nel numero 3, nella curva Nord e che cerca di sfatare i vecchi cliché sulla donna. Perchè il calcio non ha sesso.






mercoledì 26 gennaio 2011

Non sarai troppo grande per una sindrome da Peter Pan?

Addormentarsi con il tiepido sole che batte sul viso,filtrato dal finestrino di una macchina. La radio che passa qualche canzone, come se volesse farmi da ninna nanna e cullarmi. E portarmi via con sé. Verso quel paesaggio verde, di erba rinsecchita e gialla ormai gelata dal freddo, in cui da piccola mi perdevo per ore.
Già, viaggiare il sabato e la domenica con i miei, era un qualcosa di unico, che aspettavo con ansia, curiosità e felicità. Una scampagnata, una gita in qualche paesello toscano in cui il tempo sembrava fermarsi e se stavi in silenzio potevi riuscire a sentir battere i tamburi e gli sbandieratori lanciare e riprendere le loro colorate bandiere. Oppure andarvamo a raccogliere le castagne, i funghi. Quanto erano buoni gli odori dei boschi, il contatto con la terra, le foglie e mi sentivo orgogliosa di esser riuscita ad imparare come si fanno i cerchi nell'acqua con i sassi. Dovevano essere piatti, questo era il segreto.
Quando sei piccola, sono queste le cose che ti interessano, le cose semplici, pulite, bucoliche. Litighi per un giocattolo, ti chiedi quanto la tua migliore amica ti voglia bene da uno a dieci, ti impunti perchè la mamma non ti compra le tue caramelle preferite.
Il cuore non soffre, non lacrima sangue quando hai sei anni. Batte sull'onda del cartone che ti piace tanto, per un "superbravissima" preso a scuola, per un lavoretto di creta ben riuscito.
E quella canzone sembrava volermi riportare a quel periodo, lontana da dove sono adesso. Con la testa, intendo.
Ero uscita per svagarmi, per non pensare...finì per chiedermi cosa sarebbe successo, se le cose che vedevo in quel momento come il traffico, un vasetto di fiori su una rotatoria, il semaforo rosso, un Babbo Natale ancora appeso sul terrazzo, l'insegna di un negozio, le avrei riviste nello stesso modo. O se di queste stupidaggini tra dieci giorni, un mese me ne fregherò.
A questo pensavo e a questo continuavo a pensare anche quando al supermercato alcune persone erano intente a scegliere l'offerta migliore o i cereali per la colazione. Sono solo uno stupido pacco di cereali, cosa perdete tempo a leggere i valori di nutrizione? Ci sono cose più importanti. E io a quelle tornavo. Ero un'altra, una non me, non c'era più la ragazza leggera che si incantava e si immaginava cosa c'era dietro quel pacco di avena. Magari quella signora era a dieta, per questo era così attenta a calcolare gli zuccheri. Oppure a casa l'aspettavano i suoi bambini per una golosa merenda, o forse quella marca era la preferita del marito e lei era così premurosa da essersi messa gli occhiali per assicurarsi che erano proprio quelli che cercava.
Già, perchè io sono questa, io sono un'esploratrice della vita, ma non perchè voglia farmi gli affari degli altri ma perchè provo una sorta di fascino in ciò che mi circonda e non voglio perdermi un attimo di niente. Voglio andare a fondo nelle cose, costruendoci storie, immaginandole, sognandole. Mi piace studiare le persone, i loro gesti, ma anche gli oggetti. Così da chiedermi perchè quel vaso di fiori fosse appoggiato su quella rotatoria. Forse un terribile incidente, un genitore che soffre per la perdita del figlio, forse uno scontro che ha portato a conoscere due innamorati proprio in quel punto. Un amore finito ma che alla ragazza ha lasciato un bel ricordo e vuole rimembrarlo così. Sì, vabbè, meno credibile questa mia visione romantica.
Ma io per ventiquattro anni sono stata questa. E adesso? Adesso non so più cosa sono. Colpa della confusione, colpa di questa situazione. O forse soltanto frutto della mia crescente maturità, capisci che con i sogni non vai da alcuna parte, i sogni non ti fanno mangiare, non ti danno un posto di lavoro e uno stipendio.
I sogni ti illudono, i sogni sono per chi crede nelle scarpette di cristallo perse a mezzanotte, nelle zucche che diventano carrozze, negli elisir "drink me" che ti fanno ingrandire o rimpicciolire. Non più per me, eppure io li ho sempre rincorsi, ci ho creduto con ferma convinzione e ho lottato affinchè si avverassero.
Perchè, vuoi forse dirmi, che tu non lotteresti per amore? O per felicità.